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MUTUO GRATUITO SE GLI INTERESSI DI MORA PATTUITI SUPERANO IL TASSO SOGLIA.

La prima cosa che deve essere fatta quando, al fine di ottenere un prestito, ci si rivolge ad una Banca (o ad una società di finanziamento) è quella di controllare in maniera approfondita tutte le clausole  predisposte nel contratto, ed in particolare modo, tutte quelle clausole che prevedono la corresponsione di somme a titolo di interessi sul capitale erogato. A riguardo, molta attenzione deve essere rivolta agli interessi di mora, ossia gli interessi che debbono essere versati dal debitore in caso di mancato o ritardato pagamento anche di una sola rata.

 

CHE COS'E' IL TASSO DI MORA?
Il tasso di mora indica la percentuale di interessi dovuti a chi finanzia il prestito in seguito al ritardo o alla mancata restituzione delle somme dovute alle scadenze pattuite. Solitamente esso viene determinato con una semplice maggiorazione (oscillante tra 2 e 4 punti) rispetto al tasso pattuito a titolo di interesse corrispettivo (ossia, l'interesse che si deve versare alla banca come remunerazione per il prestito erogato). Pertanto, ai fini del calcolo del tasso di mora sarà necessario applicare al tasso corrispettivo la maggiorazione indicata in contratto (es. interesse sul capitale= 4,92% —> maggiorazione per  inadempimento= 3 punti —> tasso di mora= 4,93 + 3).
In altre e più semplici parole, la somma dovuta a titolo di mora è composta da due voci ben distinte: interesse corrispettivo + maggiorazione. Ed allora, nei casi in cui l'interesse così formato superi il Tasso Soglia Usura definito dalla Banca d'Italia (visualizzabili sul sito della Banca d'Italia che trovi nella pagina Link), il tasso di mora dovrà ritenersi usurario e pertanto non dovrà essere applicato al rapporto contrattuale. Vediamo insieme gli effetti.


QUALI SONO GLI EFFETTI SULL'INTERO CONTRATTO?
E' ormai da tempo assodato che anche gli interessi di mora sono soggetti al rispetto delle soglie d'usura. L'art. 1, comma 1, D.L. 394/00, riconduce alla nozione di interessi usurari quelli convenuti "a qualsiasi titolo", "sia esso corrispettivo, compensativo o moratorio". Tra l'altro la Corte Costituzionale ha precisato che: "Va in ogni caso osservato – ed il rilievo appare in sé decisivo – che il riferimento, contenuto nell'art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 394 del 2000, agli interessi "a qualunque titolo convenuti" rende plausibile – senza necessità di specifica motivazione – l'assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori." (Corte Cost. n. 29/02).
Il principio è stato più recentemente ribadito dalla Cassazione Sez. I, n. 350/13 che ha precisato che, "ai fini dell'applicazione dell'art. 644 c.p. e dell'art. 1815 c.c. comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalle legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori.".
Il 2° comma dell'art. 1815 c.c. fa discendere dall'usurarietà degli interessi due riflessi: la nullità della clausola con cui sono previsti interessi usurari e, in deroga all'art. 1282 c.c., la non debenza di alcun interesse.
Dal riferimento indifferenziato agli interessi fatto dall'art. 1815 c.c., senza alcuna distinzione della relativa natura, la Corte d'Appello di Venezia, Sez. III Civ., Presid. G. Silvestre, 18 febbraio '13, n. 342, ha  precisato che "l'art. 1815, comma 2°, c.c. esprime un principio giuridico valido per tutte le obbligazioni pecuniarie e a seguito della revisione legislativa operata dall'art. 4 della legge 7/3/96 n. 108 e dalla legge 28/2/01, n. 24 – di conversione del D.L. 29/12/00 n. 394 – esso prevede la conversione forzosa del mutuo usurario in mutuo gratuito, in ossequio all'esigenza di maggiore tutela del debitore e ad una visione unitaria della fattispecie, connotata dall'abbandono del presupposto soggettivo dello stato di bisogno del debitore, a favore del limite oggettivo della ‘soglia' di cui all'art 2, IV comma, della stessa legge n. 108/96 (...). Diversamente da quanto dedotto nella motivazione della sentenza impugnata, la sanzione così stabilita dell'abbattimento del tasso di interesse applicabile si applica a qualunque somma fosse dovuta a titolo di interesse, legale o convenzionale, sia agli interessi corrispettivi che agli interessi moratori, con la sola esclusione del caso in cui i rapporti contrattuali presupposti dall'applicazione degli interessi fossero
già esauriti alla data dell'entrata in vigore della legge n. 108/96 (cfr. Cass. Civ., n. 5324/2003)."
Considerato che nel tasso effettivo si vengono sostanzialmente a fondere sia il tasso corrispettivo che quello moratorio, non vi è dubbio alcuno che appare corretta la pronuncia della Corte d'Appello di Venezia con conseguente la nullità degli interessi affetti da usura e, tout court, la non debenza di alcun interesse, sia esso corrispettivo che moratorio.
Tale impostazione è stata seguita anche dal Tribunale di Padova il quale, in una interessantissima pronuncia a chiusura del procedimento RGN 2348/14 del 13/05/2014, rilevava:
1 - "secondo l'indirizzo della Corte di Cassazione richiamato anche nell'ordinanza impugnata ai fini dell'applicazione dell'art. 644 e dell'art. 1815 c.c. comma 2, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori";
2 -"[...] rilevato che è pacifico tra le parti in causa che il tasso degli interessi moratori, cosi come inizialmente pattuito, pari all'8,92% (tasso interessi corrispettivi 4,920 + 4 punti), era superiore al tasso soglia all'epoca fissato nel 7,635%";
3 - "[...] ritenuto pertanto che alla luce dell'indirizzo giurisprudenziale sopra richiamato, che questo collegio non ha motivo di disattendere non trattandosi affatto come sopra rilevato di "sentenza isolata", la clausola del contratto di mutuo in esame, concernente la pattuizione del tasso degli interessi moratori deve ritenersi nulla ex art. 1815, 2 comma, ex, con la conseguenza che nessun interesse è dovuto";
4 - "ritenuta invero l'infondatezza della tesi sostenuta (n.d.r. dall'istituto bancario) in memoria difensiva, secondo cui la nullità dovrebbe colpire solo la clausola relativa agli interessi moratori e non invece quella relativa agli interessi corrispettivi che pertanto sarebbero comunque dovuti dato che pacificamente il tasso per gli stessi pattuito del 4.92% non era usurano";
5 - "rilevato invero che da un lato la formula della legge "se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi" non consente di effettuare alcuna distinzione tra interessi corrispettivi ed interessi moratori, ne tra le corrispondenti pattuizioni, e dall'altro che il tasso moratorio pattuito, in quanto composto dallo stesso tasso degli interessi corrispettivi al quale va aggiunta una determinata maggiorazione, ove usurario non può che travolgere necessariamente nella sanzione di nullità tutti i suoi "componenti" e quindi anche il tasso corrispettivo";

 

In conclusione, a mente di tutto quanto sopra esposto, quando il tasso di interesse di mora risulta essere fin dall'origine affetto da usura (ossia fin dalla stipula del contratto) la clausola dovrà ritenersi affetta da nullità; nessuna somma a titolo di interesse, quindi, dovrà essere versata, con conseguente riconoscimento del prestito in gratuito e restituzione al finanziatore della sola somma capitale, ossia dell'ammontare del prestito erogato.